Il Sentiero dei Fiori

Il famoso sentiero attrezzato che intorno quota 3000m. ripercorre una linea di frontiera della prima grande guerra.
Dal passo del Tonale con gli impianti fino al Passo Paradiso, si prende a salire su detriti granitici fino al passo del Castellaccio, poi una serie di cengie anche sottili, passerelle esposte, due possenti ponti sospesi, molte staffe dove la roccia non aiuta e si raggiunge il passo di Lago Scuro dove l'orizzonte abbraccia il gruppo dell'Adamello ed i suoi incredibili ghiacciai. La giornata di sole ha favorito panorami indimenticabili e questo massiccio diventa subito leggenda.


La mattina del 27 Agosto il cielo era finalmente azzurro, libero da nubi, limpido come la speranza che abbiamo nutrito per tutta la settimana, una chance ci è stata data ed è arrivata l’ultimo giorno di vacanza; sveglia poco dopo l’alba, colazione anticipata e alle 7 eravamo in macchina direzione val di Sole, Passo del Tonale. Un’ora dopo eravamo sui 1884m. del passo delle Alpi Retiche provenienti da Dimaro, ci colpisce immediatamente la “doppia personalità” della cittadina, ricca di alberghi e tirata a lucido la parte trentina, strutture quasi dimesse e grandi spazi vuoti quella lombarda, evidenza logica delle due competenze regionali, la prima molto indipendente la seconda molto legata alle politiche nazionali. In territorio lombardo ricade la partenza dell’impianto che ci porterà ai 2630m. di Passo Paradiso. Il Sentiero dei Fiori segue la via di arroccamento degli Alpini durante la prima Guerra Mondiale, lungo il percorso svariati sono i manufatti bellici che si incontrano, principalmente filo spinato e ruderi legnosi dei vecchi avamposti, qualche vecchio muro a secco crollato; il nome non deve trarre in inganno, pur senza riservare severità eccessiva nei passaggi la traccia si snoda intorno ai 3000m. di altezza per cui va preso molto sul serio a livello di attrezzatura e abbigliamento. Ufficialmente, anche se poi avendo diverse vie di fuga ognuno lo termina dove vuole, ha inizio dal passo del Castellaccio, ad un’ora o poco più di sentiero dal passo Paradiso e si chiude al Passo Pisgana; l’ultimo tratto, quello che va da cima Payer al passo Pisgana, pur rimanendo sempre attrezzato, è quello dalle caratteristiche più severe e alpinistiche, è anche il tratto meno percorso dal momento che i più utilizzano il precedente passo di Lagoscuro come momento di snodo per il rientro, che oggi, dopo l’apertura dell’impianto Presena 3000 avviene con un nuovo sentiero che traversa il versante sopra il Lago Scuro stesso. Arriviamo a passo Paradiso con gli impianti della funivia, all’uscita della stazione ci si dirige verso l’evidente monumento ai caduti nel mezzo del piazzale e accanto al laghetto del Monticello, la prima cosa che colpisce è l’esiguità del ghiacciaio; da lì si inizia a seguire i segnavia n°44 che evidenti marcano il sentiero che prende a destra, verso le morene di passo del Dito e del Passo del Castellaccio, prima ampia sella sulla linea di creste già ben leggibile lassù in alto. In un’ora e mezza raggiungiamo il passo del Castellaccio, coi i suoi 2960m. siamo già intorno quota 3000 da cui non ci abbasseremo più fin tanto non riprenderemo gli impianti di discesa; prima su salti rocciosi divertenti e grossi blocchi di Tonalite, il granito che forma queste montagne, e poi su sentiero ripido e leggermente sdrucciolevole, non ci sono difficoltà di sorta a raggiungere il passo. Quello che continua a stupire in questa primo tratto è l’esiguità del ghiacciaio Presena, ridotto ad una lingua squadrata di neve e sopravvissuto probabilmente grazie alle coperture poste ad inizio stagione estiva che lo rendono davvero alieno rispetto allo scenario intorno. Prima del passo tanti i resti di filo spinato, residuo italiano della prima Guerra Mondiale che servivano a creare ostali alle avanzate austriache; raggiunto il passo invece l’orizzonte si apre sul ghiacciaio del Pisgana e sulla scura cresta dove scorre il Sentiero dei Fiori, il versante sprofonda sull’alta val Camonica e sul centro abitato di Ponte di Legno. Da qui inizia il sentiero attrezzato, i primi metri su grosso materiale detritico, dopo i resti di una postazione di artiglieria inizia una cengia assicurata con cavo e catena, a tratti un po’ lenti e in qualche caso deteriorati (la sicurezza non viene mai meno), che è caratterizzata da qualche leggero sali-scendi a da una breve discesa su staffe metalliche a fianco di una sottile lama rocciosa, gli appigli sono tanti e sicuri, è molto divertente. Subito dopo inizia una serie di passerelle, il cavo di sicurezza è sempre presente, dalla terza, quasi in prossimità di una rientranza che permette la prima comoda sosta, partono una serie di staffe metalliche verticali che portano ad una postazione di vedetta della Prima Guerra, il Nido dell’aquila, ovviamente, appollaiato sulla cresta come è, punto molto molto panoramico; la discesa dal nido dell’aquila è per la stessa via. Poco oltre le passerelle sempre su cengia assicurata si raggiunge il Gendarme di casa Madre e la prima delle due famose passerelle che caratterizzano questo sentiero, lunga 75m. Per raggiungerla, poco oltre una forchella, alcune staffe metalliche aiutano a superare le discrete esposizioni. La prima passerella termina su un’altra ripida forcella dove nel bel mezzo di possenti ancoraggi alcune staffe aiutano a superarla; immediatamente dopo inizia la seconda passerella di 55m. I passaggi sulle passerelle non destano problemi, ancora prima di iniziare l’attraversamento danno la sensazione di essere strutture stabili e possenti, la fitta trama di sottili cavi di acciaio ai lati del camminamento, una sorta di fitta rete, trasmette ulteriore protezione, per di più se ci si vuole assicurare il cavo in alto permette lo scorrere del moschettone durante tutto l’attraversamento, insomma non ci sono scuse per non affrontarle; l’unica nota negativa è il leggero dondolio verticale, soprattutto superata la metà delle passerelle, che visto il lento progredire finisce per poter infastidire un po’ con l’antipatica sensazione del mal di mare. Se qualcuno desiderasse in ogni caso non attraversale sono ancora utilizzabili le gallerie della Prima Guerra che le evitano completamente, è necessario in questo caso dotarsi di frontalina o lampade tascabili. La cengia continua in leggera salita, si scende oltre una selletta con l’aiuto di alcune staffe e si raggiunge un piccolo traverso in ombra, su cui la letteratura pone un po’ di enfasi perché sovente, anche in tarda stagione, può trovarsi sotto una lingua di neve. Si continua su un traverso non attrezzato e verso uno spigolo che si supera con l’aiuto di alcune staffe, si esce su una leggera sella che interrompe la linea di cresta e dove si può godere di un bell’affaccio sulla conca del Presena. Dopo un ulteriore traverso facile e non attrezzato, in leggera maggiore salita si raggiunge una sella pronunciata, tratti di sentiero, qualche assicurazione e momenti di salita su massi a volte instabili caratterizzano questo tratto del percorso che anticipa la capanna di Lagoscuro, meglio conosciuto come il bivacco Amici della Montagna. Il bivacco si trova proprio sotto la cima del Corno di Lagoscuro 3165m. che si può raggiungere facilmente continuando per un breve tratto, sempre su massi a volte instabili (2 ore dal passo Castellaccio). Il bivacco è aperto solo in presenza di componenti del gruppo degli “Amici”, lo abbiamo trovato aperto, è minuscolo, un paio di piccoli vani arredati e ricoperti in legno, ben attrezzato e quando siamo arrivati un profumo di minestrone inondava la piccola piazzola antistante. Dal bivacco inizia la discesa verso il passo di Lagoscuro, sullo spigolo dove sorge il bivacco alcune catene aiutano la ripida discesa sulla breve stretta cengia, al termine e dopo alcune roccette una vecchia segnaletica, alcune letterature ancora riportano questa deviazione, indica la discesa per Capanna Presena ma tenendo conto che il sentiero è stato chiuso per pericolo di frane è meglio non prendere in considerazione questa opzione di rientro. Scendendo per il passo, già a vista 200m. più in basso, si superano alcuni massi dove occorre usare le mani, qualche tornante di sentiero scenografico con forti e begli affacci sul Lago Scuro, sulle Lobbie e sull’Adamello e dalla parte opposta sul ghiacciaio della Pisgana e sull’alta val Comelico e si scendono diverse gradinate artificiali su ampi e comodi lastroni di rocce granitiche, costruite dagli alpini della Prima Guerra. Sul passo di Lagoscuro, (40 min. dalla Capanna degli amici della Montagna), molti sono i resti delle fortificazioni che ospitavano centinaia di alpini, le cronache parlano di accampamenti anche di 800 militari su questa piccola sella, e non si può mancare di visitare il piccolo museo di guerra, fortemente rievocativo. Spostandosi sul piazzale sotto il museo e volgendosi verso Ovest direzione val Comelico da non perdere la vista, anche se un po’ lontana, sulla seconda delle passerelle precedentemente superate. Il Sentiero dei Fiori continua fino al passo di Lago Pisgana, ma per una questione di tempo per il rientro i più fanno terminare l’escursione sul Passo di Lagoscuro. Questa seconda parte, che continua per cima Payer (che ha varie altre possibilità di essere interrotta, la prima al passo Payer per il Lago Scuro e da qui per il rientro a passo del Marroccaro o passo Presena, e/o per il rifugio Città di Trento), fino a cima Pisgana e passo Pisgana è tecnicamente più impegnativa, le esposizioni sono più marcate ma anche le soddisfazioni sono maggiori. Dopo una breve sosta al passo e la visita al piccolo museo anche noi interrompiamo qui il Sentiero dei Fiori, prendiamo a scendere sulla nuova traccia, nuova nel senso che le carte non la riportano ancora, evidenti i segnali per imboccarlo, scorre e traversa in alto sulla testa della valle di Lago Scuro un grande versante detritico dove in basso spicca il blu intenso del lago; sulle carte è riportata la traccia che scende quasi fino al lago e risale verso il passo del Marroccaro, il nuovo sentiero, molto utilizzato da quando è attiva la funivia al passo Presena, traversa con andamento sinuoso la testata della valle, con viste mozzafiato e da cartolina sull’alta val Genova, sulla dorsale delle Lobbie e sui ghiacciai del Mandrone e della Lobbia. Il vecchio sentiero che passava dal passo Marroccaro, da quando il ghiacciaio Presena ha ridotto le sue dimensioni e lasciata scoperta la morena, è fortemente sconsigliato, frane e terreno instabile hanno di fatto portato alla chiusura del sentiero. Il traverso si allunga per poco meno di tre chilometri e la traccia è sempre molto chiara, nei vari sali e scendi si attraversa, sotto il passo del Marroccaro, una lingua residua di neve dove il calpestio continuo ha creato una profonda traccia e rende sicuro il traverso; sopra la val Ronchina quando ormai si è aggirato il Lago Scuro, la traccia inizia a salire con più decisione verso Passo Presena e gli impianti di discesa. Sempre molto scenografico, le rocce granitiche danno alla montagna un aspetto diverso cui non siamo abituati in Appennino, il resto lo fanno le cime affilate tutto intorno, le vastità delle valli, la presenza dei ghiacciai, le acque di fusione che scivolano sulle lisce placche, i tanti specchi d’acqua disseminati sull’altopiano. Alla stazione a monte, 3000m. proprio sotto cima Presena, da qui uno spigolo pietroso di un cocuzzolo insignificante, l’escursione di oggi ha termine, la discesa è veloce, si cambia alla stazione intermedia di passo Paradiso e si scende definitivamente fino al Tonale. Lungo la strada del passo, frequentatissimo dai motociclisti, una sosta all’aria aperta per riempire lo stomaco, piacevole, con l’aria frizzante dei 1800m. e poi il rientro a S.Antonio di Mavignola. Del Sentiero dei Fiori è inutile enfatizzarne la bellezza, va fatto e vissuto, in una bella giornata per vivere a pieno il percorso davvero esaltante e ricco di storia e per viverne gli orizzonti vastissimi e le viste sui ghiacciai davvero uniche. Di oggi invece mi è davvero piaciuto tanto, e ci speravo molto, ciò che questa escursione mi ha restituito a livello di conoscenza del territorio; dalla discesa dal Corno di Lago Scuro, dopo la capanna degli Amici di montagna, quando l’orizzonte si è apre verso est e verso l’alta val di Genova e le Lobbie, ieri era troncato dalle levigate placche delle testate delle valli, il territorio ha preso forma, quelle che ieri erano ipotesi e suggestioni oggi hanno preso dimensione verticale e distanze, sono diventate dislivelli, versanti, linee da percorrere su questa enorme montagna; l’Adamello, spero in futuro di poterne approfondire le conoscenze, per quello che ho potuto appena sfiorare è una montagna diversa, immensa, piena di attrattive, una passione nuova, con un po’ di studio e pianificazione, qualche suggerimento e non è detto non serva l’aiuto di guide del luogo le possibilità di stupirsi sono moltissime; serviranno gambe e rimanere in forma. Marina sei avvisata!!! Finisce così la nostra settimana dolomitica molto atipica, con poche Dolomiti, molto Adamello e nuovi progetti. Il seme è stato piantato, ora va solo annaffiato coi sogni e i progetti. Peccato veleggiare per i 60 anni, esserci arrivati solo ora… ci sono così tante montagne in giro che davvero non basterà una vita per conoscere anche solo quelle dentro i nostri confini. Che Pietro abbia voluto spingerci verso l’Adamello?